sabato 25 febbraio 2017

lorenzetti





           Ambrogio Lorenzetti, Polittico di Badia a Rofeno




Il Trittico di Badia a Rofeno di Ambrogio Lorenzetti torna al suo antico splendore
L’opera eseguita dal Ambrogio Lorenzetti circa l’anno 1347 per l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, fu poi portata alla Badia di Rofeno,dopo che l’antica abbazia benedettina era passata sotto Monte Oliveto Maggiore.
Il restauro riconsegna al pubblico uno dei capolavori indiscussi dell’artista senese, in occasione in occasione della XIII Settimana della Cultura.
Ed è proprio grazie al generoso contributo della Fondazione Musei Senesi, il supporto della Fondazione Monte dei Paschi di Siena in parte integrato con finanziamenti ministeriali, che è stato reso possibile il restauro realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure da un’equipe di restauratori diretta da Marco Ciatti e coordinata da Luisa Gusmeroli.  
Attribuito per la prima volta ad Ambrogio Lorenzetti dal De Nicola (1912), che lo vide nella su antica collocazione di Badia a Rofeno, il trittico costituisce una delle più formidabili testimonianze della pittura di questo artista senese.
L’immagine imponente del San Michele Arcangelo, elegantissimo, che lotta con la bestia dalle 7 teste descritta dall'Apocalisse, ebbe una singolare risonanza nelle generazioni di artisti a venire, apprezzato anche per gli azzardati ed accattivanti contrasti cromatici. 
Separato per motivi conservativi dalla cornice intagliata da Fra’ Raffaele da Brescia (Brescia 1479-Roma 1539), il trittico ha rivelato la sua struttura primitiva praticamente intatta e il restauro ha permesso di scoprire l’originale cornice trecentesca dipinta secondo uno schema decorativo insolito. Questo impiego così inconsueto trova una sua motivazione nel tentativo, perfettamente riuscito, di armonizzarsi cromaticamente con le tonalità modernissime dell’immagine dell’Arcangelo, a cui del resto si legò anche Fra’ Raffaele nel fondale azzurro –ritrovato nel corso di questo restauro della cornice.
La fortuita scoperta costituisce una tappa fondamentale nella conoscenza delle capacità formali di Ambrogio e dà un senso alla testimonianza del Vasari che documentava per il Polittico di Badia a Rofeno una fortuna critica eccezionalmente vasta. 
“E’ per noi motivo di grande orgoglio – ha commentato Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Monte Paschi Siena – poter contribuire alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio artistico italiano. Un’opera come quella che viene oggi riconsegnata alla collettività, è un bene universale e sarebbe impensabile non riuscire a conservarla adeguatamente”. 
“L’impegno della Fondazione Musei Senesi – ha dichiarato il suo presidente Gianni Resti – va nell’ottica di creare collaborazioni e sinergie in grado di tutelare e valorizzare lo straordinario patrimonio delle terre di Siena. Questo restauro è l’ennesimo risultato di un progetto che unisce realtà e professionalità diverse nella convinzione che la cultura è condivisione di saperi”  
“E’ stato un restauro complesso – ha raccontato Cristina Acidini Soprintendente ad interim dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze - che ha previsto il coinvolgimento di un’equipe formata da operatori del settore di restauro dei dipinti mobili, del settore di climatologia e conservazione preventiva, del laboratorio scientifico e del laboratorio fotografico. Una prima fase del lavoro è stata compiuta in museo per proteggere la superficie pittorica e predisporre tutte le operazioni necessarie per poter poi trasportare in sicurezza il dipinto al Laboratorio della Fortezza. È poi seguita la pulitura della superficie e sono stati svolti sopralluoghi al Museo di Asciano al fine di poter assicurare i corretti valori microclimatici ambientali per un’opera così delicata”. 
“Oltre allo straordinario lavoro concluso - ha sottolineato Mario Scalini,  Soprintendente ai Beni storico-artistici di Siena – è sempre più frequente che grazie alle raffinate tecniche di intervento, durante i restauri si vengano a scoprire dettagli sconosciuti. Lo smontaggio ha permesso la riscoperta delle antiche cornici dipinte da Ambrogio, che, insieme agli originari perni di collegamento tra le tre tavole maggiori, dimostrano che esse costituivano fin dall’origine un unico dipinto” 
“In tempi in cui la cultura subisce gravi tagli – ha sottolineato il sindaco di Asciano Roberto Pianigiani -  è un grande privilegio poter realizzare imprese come questa, che sono sempre più straordinarie e complesse. Merito va anche ai grandi professionisti dell’Opificio delle Pietre Dure, che con passione e competenza hanno permesso di restituire a Palazzo Corboli quest’opera straordinaria”  
L’opera è ora presentata in Laboratorio con le due parti separate, il Trittico di Ambrogio Lorenzetti e la cornice cinquecentesca, in modo da consentire una piena fruizione del capolavoro del grande pittore senese e delle novità emerse con il restauro. Con il ritorno dell’opera nel Museo d’Arte Sacra di Asciano si prevede un primo periodo di esposizione analogo a quello qui attuato, ed una successiva ricomposizione, a cura degli specialisti dell’Opificio delle Pietre Dure delle due parti, che rimarranno comunque strutturalmente indipendenti.