Ambrogio Lorenzetti, Polittico di
Badia a Rofeno
Il Trittico di Badia a
Rofeno di Ambrogio Lorenzetti torna al suo antico splendore
L’opera
eseguita dal Ambrogio Lorenzetti circa l’anno 1347 per l’abbazia di Monte
Oliveto Maggiore, fu poi portata alla Badia di Rofeno,dopo che l’antica abbazia
benedettina era passata sotto Monte Oliveto Maggiore.
Il
restauro riconsegna al pubblico uno dei capolavori indiscussi dell’artista
senese, in occasione in occasione della XIII Settimana della Cultura.
Ed
è proprio grazie al generoso contributo della Fondazione Musei Senesi, il
supporto della Fondazione Monte dei Paschi di Siena in parte integrato con
finanziamenti ministeriali, che è stato reso possibile il restauro realizzato
dall’Opificio delle Pietre Dure da un’equipe di restauratori diretta da Marco
Ciatti e coordinata da Luisa Gusmeroli.
Attribuito
per la prima volta ad Ambrogio Lorenzetti dal De Nicola (1912), che lo vide
nella su antica collocazione di Badia a Rofeno, il trittico costituisce una
delle più formidabili testimonianze della pittura di questo artista senese.
L’immagine
imponente del San Michele Arcangelo, elegantissimo, che lotta con la bestia
dalle 7 teste descritta dall'Apocalisse, ebbe una singolare risonanza nelle
generazioni di artisti a venire, apprezzato anche per gli azzardati ed
accattivanti contrasti cromatici.
Separato
per motivi conservativi dalla cornice intagliata da Fra’ Raffaele da Brescia
(Brescia 1479-Roma 1539), il trittico ha rivelato la sua struttura primitiva
praticamente intatta e il restauro ha permesso di scoprire l’originale cornice
trecentesca dipinta secondo uno schema decorativo insolito. Questo impiego così
inconsueto trova una sua motivazione nel tentativo, perfettamente riuscito, di
armonizzarsi cromaticamente con le tonalità modernissime dell’immagine
dell’Arcangelo, a cui del resto si legò anche Fra’ Raffaele nel fondale azzurro
–ritrovato nel corso di questo restauro della cornice.
La
fortuita scoperta costituisce una tappa fondamentale nella conoscenza delle
capacità formali di Ambrogio e dà un senso alla testimonianza del Vasari che
documentava per il Polittico di Badia a Rofeno una fortuna critica
eccezionalmente vasta.
“E’
per noi motivo di grande orgoglio – ha commentato Gabriello Mancini, presidente
della Fondazione Monte Paschi Siena – poter contribuire alla salvaguardia e
alla tutela del patrimonio artistico italiano. Un’opera come quella che viene
oggi riconsegnata alla collettività, è un bene universale e sarebbe impensabile
non riuscire a conservarla adeguatamente”.
“L’impegno
della Fondazione Musei Senesi – ha dichiarato il suo presidente Gianni Resti –
va nell’ottica di creare collaborazioni e sinergie in grado di tutelare e
valorizzare lo straordinario patrimonio delle terre di Siena. Questo restauro è
l’ennesimo risultato di un progetto che unisce realtà e professionalità diverse
nella convinzione che la cultura è condivisione di saperi”
“E’
stato un restauro complesso – ha raccontato Cristina Acidini Soprintendente ad
interim dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze - che ha previsto il
coinvolgimento di un’equipe formata da operatori del settore di restauro dei
dipinti mobili, del settore di climatologia e conservazione preventiva, del
laboratorio scientifico e del laboratorio fotografico. Una prima fase del
lavoro è stata compiuta in museo per proteggere la superficie pittorica e
predisporre tutte le operazioni necessarie per poter poi trasportare in
sicurezza il dipinto al Laboratorio della Fortezza. È poi seguita la pulitura
della superficie e sono stati svolti sopralluoghi al Museo di Asciano al fine
di poter assicurare i corretti valori microclimatici ambientali per un’opera
così delicata”.
“Oltre
allo straordinario lavoro concluso - ha sottolineato Mario Scalini,
Soprintendente ai Beni storico-artistici di Siena – è sempre più frequente che
grazie alle raffinate tecniche di intervento, durante i restauri si vengano a
scoprire dettagli sconosciuti. Lo smontaggio ha permesso la riscoperta delle
antiche cornici dipinte da Ambrogio, che, insieme agli originari perni di
collegamento tra le tre tavole maggiori, dimostrano che esse costituivano fin
dall’origine un unico dipinto”
“In
tempi in cui la cultura subisce gravi tagli – ha sottolineato il sindaco di
Asciano Roberto Pianigiani - è un grande privilegio poter realizzare
imprese come questa, che sono sempre più straordinarie e complesse. Merito va
anche ai grandi professionisti dell’Opificio delle Pietre Dure, che con
passione e competenza hanno permesso di restituire a Palazzo Corboli
quest’opera straordinaria”
L’opera
è ora presentata in Laboratorio con le due parti separate, il Trittico di
Ambrogio Lorenzetti e la cornice cinquecentesca, in modo da consentire una
piena fruizione del capolavoro del grande pittore senese e delle novità emerse
con il restauro. Con il ritorno dell’opera nel Museo d’Arte Sacra di Asciano si
prevede un primo periodo di esposizione analogo a quello qui attuato, ed una
successiva ricomposizione, a cura degli specialisti dell’Opificio delle Pietre
Dure delle due parti, che rimarranno comunque strutturalmente indipendenti.