sabato 14 novembre 2009

Antonio di Meo di Incontrato Tolomei

Antonio di Meo di Incontrato era figlio di un banchiere. Il padre Tolomeo, detto familiarmente Meo, aveva partecipato agli affari di famiglia durante gli anni che avevano visto la Società dei figli di Giacomo raggiungere l’apice delle sue fortune; aveva viaggiato per l’Europa, soggiornato a Parigi, conosciuto il clima eclettico delle fiere della Champagne. Ma il figlio Antonio preferì investire la sua parte dell’eredità paterna nella terra. Anch’egli noto esponente del ceto mercantile finanziario senese era presente sul mercato ascianese nel periodo tipico del commercio del croco, cioè nei mesi invernali.
E’ abbastanza interessante la parabola di Antonio di Meo Incontrato.
Se già da tempo Antonio aiutava e prestava soldi a congiunti, come a Tavena di Cristoforo e al figlio Francesco nel maggio del 1311: una somma di 2.500 lire che nel settembre del 1319 i due restituivano al creditore come corrispettivo del mutuo con diversi appezzamenti di terra, una casa e parte di un podere che essi possedevano a Castiglioni (D.A.G. 1319 settembre 23).
Il 23 ottobre 1318 comprò da messer Cione del popolo di San Giovanni per il prezzo di 480 lire un pezzo di terra con una casa posta nella curia di Chiusure, in luogo detto Caggiolo. (D.A.G. 1318 ottobre 23).
Nel febbraio 1319 Antonio continua le sue acquisizioni comprando da Ciampolo di Giacomo Scighera dei Gallerani terre, vigne, un canneto, case e capanne per un totale di 3.000 lire. Pochi giorni dopo acquista da alcuni Ugolini diritti di credito contro lo stesso Gallerani per 540 fiorini d’oro.
Antonio di Meo di Incontrato riesce a convincere il 22 ottobre 1319 anche Sozzino di Mino di Cristoforo a vendergli un appezzamento di terreno stimato 110 lire, posto a Chiusure e precisamente nel luogo chiamato Le Piazze, confinante con alcune sue terre. Nel giro di un anno Antonio investe quindi nell’area della Scialenga quasi 14.000 lire: segno indiscutibile della sua volontà di dotarsi di un patrimonio compatto nella zona delle crete.(D. A. G. 1319, 3 gennaio, 28 febbraio, 11 maggio).
Nel decennio successivo una ventina di carte documentano( Diplomatico di S. Agostino) il paziente processo di accumulazione fondiaria che Antonio persegue: Chiusure è la meta preferita dei suoi denari. Perché?
Fra il 1320 ed il 1330 numerosi proprietari vendono ad Antonio piccoli appezzamenti di terreno per un valore che oscilla da poche lire , fino al massimo di 400, per un totale che sfiora le 2.000 lire (11 giugno 1324).
Da un atto di vendita del 20 giugno Antonio di Meo non solo ha già una casa “cum platea” a san Pellegrino nel terzo di Città (86, Estimo 130, c.407) stimata 916 lire, 13 soldi e 4 denari, ma il 20 agosto 1320 possiede anche ad Asciano un “casamentum pro albergo tenedo”(Misericordia 6, cc. 29v-30) ed è socio proprietario di quota parte ad un molino, da cui proviene una grossa stima di 350 lire (62, E. 42, c. 318r).
Nel 1322 Antonio di Meo Incontrato risulta anche proprietario di una parte del castello di Rocca Tederici che viene venduto in favore del Comune di Siena (D.R 1322 giugno 20).
Continua ancora lo scambio di terreni intorno a Chiusure sia con le proprietà di Santa Maria della Scala per un valore di traslazione di 3.262 lire, sia con altri esponenti della famiglia Tolomei come Meo Tavena, Tato, Sozzino e Spinello; le acquisizioni in territorio intorno a Chiusure erano state realizzate vendendo nel marzo 1322 il podere di Quinciano vicino a Monteroni. La proprietà di Quinciano era di una estensione di circa 350 staiori di terra “laborativa e vineata”, fu venduta all’ospedale di S. Maria della Scala per una cifra di 5.366 lire che rappresentava il 26,6 % dei beni di Antonio ma fu appunto subito bilanciata e reinvestita comprando, come in parte abbiamo documentato, ben 66 appezzamenti di terra a Chiusure, 3 ad Asciano e altrove e con la bella cifra di 12.000 lire e così consolidava e completava le sue proprietà intorno a Chiusure, Montisi e San Giovanni d’Asso.
Se vogliamo volgere uno sguardo un po’ dettagliato sulle sue attività: abbiamo notizia della proprietà di un palatium in Asciano, dove il 6 ottobre 1326 nel chiostro del palazzo Tolomei, Puccio riceve a mezzadria da Antonio del fu Meo di Incontrato dei Tolomei di Siena la metà del podere detto da Sasseto, posto parte nella curia di Asciano e parte in quella delle Serre : ”..promitto… apud palatium vestrum positum propre Scianum praedictum..”, e aggiunge che se ci sarà dello strame che avanzerà per l’uso del podere, se sarà venduto, promette di dare al contadino la metà del prezzo fatta la vendita (N. 15, c. 91v).
Il 19 dicembre 1326, nel chiostro della casa Tolomei presso Asciano (N. 15, c.149v)
Mino del fu Maffeo da Rendine, con i figli Feio e Segna, riceve a mezzadria da Antonio del fu Meo di Incontrato dei Tolomei di Siena “…la metà di un podere posto parte nella curia di Asciano e parte in quella delle Serre”.
Vanni di Ciolo Orlandi di Montecalvoli riceve a mezzadria da Antonio del fu Meo di Incontrato dei Tolomei di Siena un podere “un tempo chiamato podere della Corte, posto parte nella curia di Montecalvoli, parte in quella di Castelnuovo, in loco dicto le Vigne de Asso”.
Il 3 maggio 1328, sempre nel palazzo Tolomei, Neruccio fu Tuccio da Asciano riceve a mezzadria da Antonio di Meo di Incontrato dei Tolomei di Siena per due anni..un podere sito nella curia di Asciano, luogo detto Acquaviva (N.16, c.28v).
L’investimento prosegue tra il 1330 e il 1340 con ripetuti acquisti di terreni e poderi disseminati ad Asciano, Chiusure e Serre di Rapolano per un valore complessivo di 500 lire e 25 fiorini d’oro e finalmente altre transazioni si distribuiscono negli anni 1343-1346, per poi cessare.
La sottolineatura che molti acquisti furono operati in anni in cui era Rettore dell’Ospedale della Scala Giovanni di Tese Tolomei (1314-1339) può avere la sua rilevanza, e anche il fatto della vendita di un terreno, a Melanino, dei monaci di Monte Oliveto all’Ospedale il mese di aprile del 1320, può configurarsi in una favorevole circostanza e occasione propizia.
Antonio è quindi uomo nobile e potente nelle sue terre: quando nel 1324, avendo già diverse proprietà, chiede al comune di Chiusure di vendergli una via pubblica che passa tra le sue proprietà, gli uomini della Comunità decidono a larga maggioranza (21 sì e 4 no) non solo di soddisfare la sua richiesta, ma anche di non chiedere nessun prezzo per la strada, che infatti sarà donata “pure et simpliciter” ed in modo che la donazione non possa essere revocata.
Nel 1333 tutto il villaggio di Chiusure sarà definitivamente acquistato da Meo e con i suoi tanti mezzi economici nel 1345, con generosità e magnanimità fa costruire in
Asciano il dormitorio del Convento di San Francesco.
L’importanza di Antonio così progressivamente cresciuta anche a Siena insieme a Fredi suo fratello con il quale possedeva una quota del “Palatium Tolomeorum” condiviso tra i 27 capifamiglia dei Tolomei, accrebbe la potenza della sua fama che gli permise di far parte del Collegio dei quattro Provveditori di Biccherna nel secondo semestre del 1344 e nel secondo semestre del 1352.
Ci fu una ragione convenuta e una forma di intesa per cui Antonio di Meo, cugino di Bernardo Tolomei si collocò con le proprietà acquisite dal 1318 in poi, come in un arco di avvicinamento e di protezione intorno alla fondazione di Monte Oliveto d’Acona? Certo non si può escludere. Quello che possiamo evidentemente constatare è che Antonio di Meo è l’unico membro del casato Tolomei che conserva e accresce di molto le sue proprietà, riuscendo a riequilibrare le vendite con gli acquisti in tutta la terra Scialenga e certo a conferire un senso di sicurezza e di garanzia ad una nuova fondazione religiosa, che doveva poi durare nei secoli fino ad oggi e dare lustro duraturo ai Tolomei di Siena.

Rainero Corsini proposto fiorentino e Vicario generale di Boso vescovo d'Arezzo, avendo osservato il privilegio concesso alli Frati e Monastero di Monte Oliveto dal q. Guido Vescovo di quella città pubblicato per mano di Ser Guadagno ad istanza di Fr. Pietro Donati e di Fr. Giacomo Mini, dichiara doversi questi Frati registrare nel libro della Lira dei chierici della Diocesi, come esenti a tenore di ciò, che espressamente si dice nel medesimo diploma.
15 ottobre 1339. Rogato Gregorio del q. Angelo.

Nella trascrizione del Lugano mette come data il
12 ottobre 1339 ( anzichè il 15) e la traduzione in italiano suona così:
"Il rev. signor Rainerio dei Corsini preposto fiorentino, vicario generale del rev. padre signor Boso vescovo di Arezzo, visto lo strumento pubblicato per mano di ser Guadagno n ot. di ser Giunta e transumpto per mano di ser Donato di Becco di Asciano e sottoscritto da ser Francesco Natii not. di Siena, nel quale appare l'esenzione fatta per mano del signor Guido, una volta vescovo di Arezzo del luogo e dei frati e del monastero di S. Maria di Monte Oliveto, con il consiglio del sapiente uomo signor Cini giusperito e pievano di Decomano, dichiarò i detti fratelli e il monatero di Monte Oliveto dovessero iscriversi nel libro della lira dei chierici della città e diocesi aretina e quindi fra quelli esenti.
Questa dichiarazione rilasciata nella chiesa de Morello della città di Arezzo, presenti il sopraddetto Cino, consulente per tutte le cose sopraddette, i notai ser Taviano del fu Benincasa di Montalto, Gregorio del signor Angelo giudice di Corbesi di Arezzo, giudice ordinario e notaio per autorità imperiale e ora pubblico ufficiale e scriba della curia episcopale."
Viviano da Siena Rettore della Pieve di S. Agata in Asciano e Vicario di Boso Vescovo d'Arezzo, richiede a Ser Pavolo Rettore della chiesa di S. Maria di Bettolle di poter vendere a Fr. Pietro sindico di Monte Oliveto un pezzo di terra in quella curia confinante con gli eredi di Bino Conte di Petroio con gli eredi di Tono Pecorari, con la via del comune, e colli beni del detto monastero; ed ancora un Casalino nel borgo di Bettolle vicino alla via del Comune ed a Monte Oliveto, e ciò per sodisfare Ser Fuccio di Lucignano che gl'aveva prestato cinquanta fiorini per sostenere le ragioni della di lui chiesa contro le pretenzioni di Ser Bartolomeo di Biagio da Cortona.
22 novembre 1346. Rogato Agostino del q. Finuccio d'Arezzo.

Ser Francesco del q. Pericciuolo d'Asciano, volendo ubbidire alla deliberazione dei Consoli della Mercanzia di Siena in loro presenza rinunzia a Fr. Cristoforo di Ser Vive da Siena procuratore di Monte Oliveto ogni ragione che potesse avere nella casa con orto e pozzo, posta in Asciano, lasciata al detto Monastero da Giovanni del q. Insegne e che termina con gli eredi di Nicolino di Bonaventura Patrizi, con quelli di Cecchino e Landino, con gli altri di Antonio di Meo(Tolomei) e con la strada pubblica, sebbene la detta casa con orto e pozzo si competesse a lui come erede di Deo suo fratello, perchè il detto Giovanni del q. Insegna, si era obbligato col q. Deo di pagargli Dugento lire per la dote di Francesca sua figlia, che era destinata sposa allo stesso q. Deo.
8 luglio 1350. Rogato Francesco di Ser Mino di Ture.

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